mercoledì 10 marzo 2010

I vescovi: basta feste religiose nei comuni di mafia

Una voce forte, autorevole viene dai vescovi del Mezzogiorno, dai comuni dove dominano le cosche mafiose: basta con la timidezza della Chiesa, basta con il sostegno ai politici che scendono a patti con la criminalità, basta con la falsa religiosità dei mafiosi. Da Locri ad Acerra, da Mazara del Vallo ad Agrigento i vescovi fanno autocritica per le timidezze del clero e provano a svegliare le coscenze dei religiosi e dei fedeli, per troppo, tanto tempo rimaste intorpidite, mute, indifferenti alla criminalità organizzata, mentre questa permeava tuti gli strati della società. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio per gli affari giuridici della Conferenza episcopale italiana: "Ogni comunità scelga un argomento in relazione alla situazione del proprio territorio e agisca: pizzo, usura, corruzione della politica, mafia devota che offre soldi per le feste popolari". Don Riboldi, vescovo di Acerra, invita invece ad uno sciopero elettorale. "Ai politici bisogna dire: o ascoltate la nostra voce, o non vi votiamo più. I cristiani al Sud devono svegliarsi. Bisogna tagliare i ponti, anche quelli tra le nostre chiese e la cultura mafiosa, che spesso dimostra di essere devota". Il vescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, dice: "Aboliamo ogni festa religiosa nei paesi dove si contano gli omicidi. Il sacro non basta per ritenersi a posto se poi nessuno denuncia e la cultura mafiosa è l'unica ammessa". E Giuseppe Morosini, vescovo di Locri, ammette le responsabilità: "Bisognava essere più chiari, anche nelle responsabilità di una Chiesa a volte troppo timida".